La quotidiana “rivoluzione industriale”
Su invito di Crespi, i contadini che si trasferiscono all’omonimo villaggio dimenticano gli zoccoli per le scarpe, i ritmi della stagione per la sirena che scandisce i turni in fabbrica.
Sulla povera mensa non hanno più polenta o latte e ortaglia: lo stipendio operaio consente loro la varietà di un menù che conosce finalmente la carne.
Dopo scalze infanzie lungo i campi, braccianti e mezzadri allenano le mani alla nuova fatica dei telai; la lingua all’italiano, che argini i troppi dialetti parlati da manovalanze della più disparata provenienza.
Più che industriale, questa rivoluzione industriale è quotidiana. Riesce invasiva secondo tutti e cinque i sensi, oltre al cibo che cambia al gusto.
Non più sui campi, si lavora in capannoni dove la produzione ferve rumorosamente: l’impegno operaio affatica così mano, orecchio e persino sguardo, respiro per le lanugini rilasciate.
La cartella clinica dell’operaio lamenta conseguenti mal di petto, patologie respiratorie o infortuni sul lavoro; scordando patologie di carenza vitaminica come la pellagra o l’ergotismo prima tanto frequenti tra i contadini.
Uomini del passato che affrontarono la sfida della modernità.
Approfondimenti disponibili:
- Il villaggio operaio moderno
- Un luogo fuori dal tempo
- Libertà e disciplina alla company town
- La guerra per l’elettricità dei fratelli Crespi
Autore: Cristian Bonomi
Foto: Cooperativa di consumo di Crespi d’Adda, Archivio Storico Crespi d’Adda Legler