Tutti al sole! L’evoluzione del costume da bagno
Non soltanto lavoro in fabbrica ma anche gite e bagni di sole: eccome ci si “sveste” alla fine dell’Ottocento
Già a partire dal 1750, soprattutto nele grandi capitali europee come Parigi, si diffonde la moda dei bagni, sia che questi avvengano in laghetti o fiumi, sia che si tratti di benefiche immersioni in mare.
Prende il via l’abitudine di spostarsi sulle coste della Normandia o della riviera mediterranea per godere delle salutari proprietà dell’acqua di mare, vestendo un abito con corpetto e calzoni, in tela spessa da marinaio, sovrapposto spesso da una grande gonna che inevitabilmente a contatto con l’acqua si gonfia rendendo pesante e difficoltoso anche il minimo movimento.
Con l’arrivo del XIX secolo le donne si immergono in mare avvolte in abbondanti mantelli chiusi al collo, spesso indossati al momento dell’arrivo in spiaggia ben nascoste in cabine dotate di ruote.
L’immersione in acqua, oltre ad essere difficoltosa visto il volume dell’abbigliamento consentito, viene ancora considerata come una mancanza di pudore: si rimane semplicemente in spiaggia, parlando e consumando tramezzini, vestendo leggeri abiti da città, di colore chiaro, con tanto di guanti e parasole, per proteggersi dai raggi ed evitare il colorito bruno della pelle, ancora elemento che contraddistingue la classe inferiore.
Solo dalla seconda metà dell’Ottocento le brevi esposizioni al sole vengono consigliate come rimedi medici.
Le donne possono quindi recarsi al mare ed il loro abbigliamento cambia: pantaloni gonfi lunghi fino al polpaccio, un abito lungo fino al ginocchio con gonna stretta in vita, calze nere coprenti, scarpine allacciate e cuffia per coprire la testa.
Una volta uscite dall’acqua, si doveva immediatamente celare il proprio corpo da sguardi indiscreti, infilandosi accappatoi dotati di cappuccio.
Verso il 1870 il completo da mare, ancora in flanella, si impreziosisce di nastri e decorazioni alla moda marinara.
Il collo rettangolare sul dorso vede la nascita per la prima volta sulle spiagge del nord Europa.
Ma indossare la tenuta da mare, seppur ancora complessa, diventa più semplice in spiaggia: compaiono le prime cabine fisse e le prime poltrone in vimini a nicchia.
Negli ultimi anni dell’Ottocento, la donna pretende l’attenzione che merita, anche in spiaggia: maniche a sbuffo e bustini sotto il costume mettono in evidenza il vitino sottile, gonnellini a campana, pantaloni più aderenti o alla zuava (realizzati in sergia di lana) rendono la figura femminile più elegante, mentre la cuffia viene abbandonata a favore dei foulards.
Tra il 1900 e il 1920 non si registrano cambiamenti nella tenuta da mare: gli abiti si accorciano leggermente, le calze non vengono più necessariamente indossate e vengono di poco ampliate le scollature.
I colori diventano più chiari, compaiono le prime camicie da bagno, simili a camicie da notte bianche, e si diffonde la linea “Impero”, senza tagli in vita.
Già agli inizi del 1900 il soggiorno al mare diventa consuetudine.
La nuova moda della “villeggiatura” porta le spiagge ad attrezzarsi con i primi stabilimenti balneari: Rimini, Viareggio e il Lido di Venezia diventano famose ed attiranno non soltano le facolose famiglie italiane ma anche i ricchi borghesi d’Europa.
La spiaggia inizia ad essere considerata non soltanto come luogo in cui intrattenere conversazioni ma anche come spazio di svago e divertimento. Le attività sportive balneari dettano così un’ulteriore evoluzione della moda femminile: costumi interi e lunghi pagliaccetti aderenti devono evitare di infagottare la figura.
A partire dal 1910 circa, gli itinerari termali vengono preferiti al mare: Salsomaggiore, Fiuggi, Montecatini, Aix-le-Bains sono ora le destinazioni preferite.
Lino bianco per le signore, con abbondanza di merletti, ricami e rouches, il tutto accompagnato da cappelli pieni di fiori e di nastri e dall’immancabile parasole bianco, in perfetto stile Belle Époque sono la tenuta consigliata dagli esperti di moda dell’epoca.
Solo dal 1920 l’abbronzatura non è più condannata: i costumi sono ora costituiti da corte gonnelline in taffetas con la cintura sui fianchi oppure calzoncini shorts che arrivano a metà coscia.
Annette Kellerman, celebre nuotatrice dell’epoca, lancia la moda dei costumi atletici, smanicati e leggermente scollati in tondo sia davanti che sul dorso, disponibili in nero o in colori base, spesso con disegni geometrici tipo strisce o moderno design astratto.
Le donne proteggono ora le loro acconciature a caschetto indossando cappellini di piquet bianco.
Alla fine degli anni Venti il pigiama diventa un must: pantaloni lunghi e morbidi, portati con bluse senza maniche, cinture a fascia allacciate in vita e giacche.
Si passa a costumi mascolinizzanti per il nuoto negli anni Trenta.
Esplode la moda della cintura Valaguzza, un sofisticato accessorio costituito dalla cintura in lana corredata da una fibbia capace di contenere specchietto e trousse da trucco, ed eventualmente anche le sigarette. La magica cintura consente alle signore veloci toilettes per rinfrescare il trucco anche in mezzo ai flutti. Le spiagge italiane si affollano: Rimini, Bellaria e Riccione, diventano mete turistiche di rigore.
Dalla Versilia a Positano, dalla Liguria a Capri e Ischia, dalle coste dell’Istria fino a Fregene, Ladispoli, Fiumicino: le coste italiane attirano la borghesia europea.
E a Crespi d’Adda?
Impossibile crederci ma Silvio Benigno Crespi favoriva viaggi e gite sociali.
Celebre è infatti la gita a Roma per tutti gli operai e le operaie del villaggio nel 1906.
Ma non mancarono nemmeno gli svaghi estivi per i loro figli: da giugno a settembre i figli dei lavoratori crespesi venivano iscritti, a spese dell’azienda, alla colonia estiva… i cosiddetti “bagni di sole”!
Foto: Archivio Storico Crespi d’Adda Legler