L’ambizioso progetto per l’area Falck di Sesto San Giovanni
Cenni storici
Da molti anni si è propensi credere che la storia di Sesto San Giovanni sia racchiusa in quella delle sue fabbriche. Tale convinzione deriva in primo luogo dal fatto che questa città ha visto uno sviluppo unico nel suo genere, non essendo legata ad una sola fabbrica ma a diverse realtà produttive (basti ricordare, tra tutte la Breda, la Marelli, la Falck o la Campari), una commistione tra impresa pubblica e privata, tra piccola e media industria.
In secondo luogo, ciò ha permesso alla città di Sesto San Giovanni di plasmare una tradizione politica del movimento operaio sospeso tra lotta di classe e buon governo, dando vita ad una sorta di “governo del lavoro”.
Non è errato credere che alcuni fondamentali eventi esterni abbiano catapultato Sesto San Giovanni all’interno della storia industriale italiana e mondiale durante il boom economico, originando e influenzando l’evoluzione storica e politica nonché l’identità stessa della città, ormai nota come “la piccola Manchester” o “Stalingrado d’Italia”.
La struttura di questo particolare insediamento manifatturiero alle porte di Milano si snoda all’interno di cinque grandi Porte, attraverso le quali si ha accesso ai principali assi viari della città.
A partire dal 1997 gli studiosi di Archeologia Industriale hanno tentato di analizzare i tratti comuni che caratterizzano ciascuna delle sette aree produttive individuate all’interno dell’area studiata.
Ognuna di tali aree offre al visitatore fabbriche, monumenti, strumenti produttivi, abitazioni e sazi pubblici (per un totale di 52 singoli luoghi) in cui è possibile riconoscere la storia e l’identità di Sesto San Giovanni.
E’ possibile quindi individuare i principali insediamenti produttivi, descrivendone le caratteristiche:
Area Marelli
Creata da Ercole Marelli (Milano, 1891-1922), il complesso si è ingrandito e trasformato nel corso del tempo, ampliando e diversificando le tipologie di attività produttive.
Inizialmente la Ercole Marelli produceva apparecchi elettromeccanici fino al 1896, auando l’azienda inizò a produrre ventilatori, divenendo ben presto leader nel settore (fin ad allora dominato dagli Stati Uniti).
Nel 1905 venne ampliato l’insediamento produttivo di Sesto San Giovanni, provvisto della rete tranviaria Milano – Sesto – Monza, cominciando a produrre motori elettrici, elettropompe centrifughe e trasformatori. Proprio in questi anni (in particolar modo negli anni Dieci) che l’imprenditore decise di edificare complessi residenziali operai in prossimità dello stabilimento (si tratta di grandi palazzi operai, modello casermone).
Durante la guerra mondiale che la Marelli iniziò a produrre magneti per aerei (nel 1921 sorse lo stabilimento “Grandi costruzioni” in via Edison) ma fu solo nel 1963 che il Gruppo Ercole Marelli ebbe il suo massimo sviluppo (7.100 addetti).
Nel 1972, in seguito all’abbassamento dei prezzi, la società dovette iniziare un rapido progetto di ristrutturazione, organizzandosi in quattro divisioni: Energia, Impianti, Sistemi industriali di trazione e per marina, Prodotti di serie, Aeronautica.
A partire dagli anni Ottanta cessò l’avventura della Marelli: nel 1981 la società fallì e la produzione venne trasferita, mentre gli edifici passarono di proprietà in proprietà.
Al giorno d’oggi ecco cosa rimane:
- Stabilimento I (1905), in stile Liberty, attualmente in disfacimento
- Stabilimento A (1917), recentemente è stato completamente snaturato da interventi edilizi
- Stabilimento II (1921), ormai i macchinari allora attivi all’interno di esso sono andati dispersi e dell’edificio non rimane altro che lo scheletro
- Stabilimento N (1939)
- Palazzine degli uffici (1930)
- Abitazioni operaie e impiegatizie (1912-1925), scuola per l’avviamento professionale, ambulatorio medico, centro sportivo e altri servizi per la collettività
Area Breda
Grazie all’iniziativa di Ernesto Breda (1852-1918), la Breda si specializzò nella produzione di materiale ferroviario per poi passare, specialmente durante la guerra mondiale, alla produzione di materiale bellico.
Nel 1903 ebbe inizio la produzione di costruzioni meccaniche e di moderni impianti, dislocando le principali aree
produttive in Milano, Niguarda e Sesto San Giovanni, specializzata in vetture ferroviarie, carri merce e pezzi fucinati.
Soltanto nel 1910 l’azienda finanziò la costruzione di zone residenziali per i propri addetti (anche in questo caso, moderni palazzi in cemento).
Una volta terminato il conflitto, la riconversione produttiva incontrò le dure proteste dei sindacati, aggravando la situazione di instabilità derivante dalla morte di Ernesto Breda. Solo grazie al prestito di 5 milioni di dollari (ottenuto senza difficoltà dal governo statunitense), la società riuscì a fronteggiare la crisi, ma la vera ripresa avvenne negli anni Trenta.
Purtroppo i bombardamenti della seconda guerra mondiale misero a dura prova l’azienda ancora un volta. Gli stessi lavoratori si impegnarono a ricostruire i luoghi di lavoro distrutti, ma ormai era prossima la crisi definitiva della Breda, legata alla produzione bellica.
La produzione venne riorganizzata e adattata alle esigenze moderne (frigoriferi, motocicli e negli anni Sessanta i vagoni della metropolitana milanese).
La lenta agonia della Breda durò fino al 1994 quando la società entro in amministrazione controllata.
Al giorno d’oggi, visitando Sesto San Giovanni, alcuni edifici Breda attirano l’attenzione:
- Fucine Metalcam Breda (1903), con ancora visibili i binari di ingresso
- Fonderia Balconi (1905)
- Breda Siderurgica (1917), ormai l’edifico è ridotto ad uno scheletro di cemento armato e metallo
- Istituto Scientifico Breda (1917), sul viale interno, era costituito da uffici e capannoni, oggi utilizzati da Ansaldo e Breda Energia
- Breda Aeronautica (1939), hangar con ampie vetrate e contrafforti in cemento armato usato per la costruzione dell’aereo modello BZ
- Quartiere popolare Breda (1910), ancora abitato, esso era costituito da palazzi e servizi per la comunità (palestra, colonia estiva, spaccio alimentare, centro sportivo)
Area Falck
L’avventura delle Acciaierie e ferriere Falck ebbe inizio nel 1904, dando forte fortissimo impulso alla produzione siderurgica dell’area milanese.
Dotato di officine meccaniche e treni per laminazione, lo stabilimento rimase sempre il più grande complesso industriale sestese, dando lavoro a circa 5.000 persone.
Al primo nucleo denominato “Unione” sia aggiunsero nel 1919 lo stabilimento Concordia, collegato al primo tramite un treno lingottiera; nel 1920 la Stazione per la distribuzione ai reparti produttivi di energia elettrica proveniente dalle centrali della Valtellina e l’edificio Vittoria A per la laminazione.
Nel 1943 l’arretratezza degli impianti si fece sentire come non mai, causando un radicale processo di ammodernamento e razionalizzazione produttiva (anni Cinquanta).
La crisi della siderurgia e la crisi energetica dei primi anni Settanta provocò la chiusura di alcuni reparti. Se nel 1980 i lavoratori erano 11.400, nel 1986 si erano ridotti a 4.800.
Le quote produttive imposte dalla Cee aggravarono la situazione, finché nel 1995 i forni della Falck cessarono di funzionare, con estrema prudenza date le condizioni a dir poco pessime, sono:
- Stabilimento Unione (1906), affacciato sul viale interno
- Dormitorio operaio (1919), dotato di refettori e il dormitorio vero e proprio
- Stabilimenti I e II, successivamente riutilizzati come distillerie finché Eridania non li acquistò negli anni Sessanta
- Stabilimento Barelli (1913), antica trafileria poi acquistata dalla Falck nel 1920
- Stabilimento Concordia (1916), con la più antica portineria Falck e l’accesso diretto della ferrovia
- Laminatoio Nazionale (1907) e Ornstein&Koppel (1913), entrambi edifici acquistati dalla Falck negli anni Venti
- Fonderia Attilio Franco (1907-1910), poi chiamato Stabilimento Vulcano in seguito all’acquisizione Falck
- Villaggio operaio Franco-Falck (1922-1924), dislocato nella zona di
- Piazza Galli, deve il suo nome all’ingegnere Attilio Franco, che ne ideò i primo nucleo a partire dal 1908
Area Campari
Fondato da Gaspare Campari, l’impianto si ingrandì negli anni Trenta, grazie al forte indotto generato anche grazie alle famose campagne pubblicitarie dei prodotti Campari (Cordial, Bitter, Campari Soda).
Lo stabilimento venne progettato nel 1903, ricco di decorazioni in ceramica e mattoni a vista. La Casa Alta adiacente allo stabilimento è oggi sede del Museo Campari.
Distillerie Alberto Moroni
La famosa produttrice del Marsala all’uovo, la Distilleria Moroni venne edificata nel 1909, sviluppandosi successivamente attorno all’area del Rondò centrale di Sesto San Giovanni.
Edificio in disfacimento (di dimensioni relativamente ridotte), è attualmente di proprietà privata.
Oltre i muri della Falck
La progettazione “Oltre i muri della Falck” è stata presentata all’Amministrazione Comunale il 12 dicembre 2006.
Dalle tavole di progetto, traspare l’intento dell’Amministrazione Comunale è quello di effettuare un investimento guardando al futuro della città, dando vita ad un progetto che si autofinanzi nel medio-lungo periodo, richiamando nuove e diverse attività commerciali e produttive in quelli che furono gli edifici della produzione siderurgica sestese.
Passo fondamentale verso la pianificazione coerente di un’area che copre una superficie territoriale di circa 1.200.000 mq, è stata la concertazione tra soggetti pubblici e privati, istituzionali e non, attraverso la creazione di tavoli tecnici di lavoro.
La Direzione Tecnica unitaria dell’Amministrazione Comunale di Sesto San Giovanni ha infine elaborato un “Quadro Organico di Riferimento”, in cui vuol sottolineare i nuovi temi che devono caratterizzare il planning del team di Renzo Piano, ossia: la mobilità, l’accessibilità, l’innovazione,26 la sostenibilità, l’energia, la riqualificazione del parco urbano e il recupero in chiave funzionale e non esclusivamente conservativa degli edifici di elevato valore storico-documentale.
E l’architetto Renzo Piano sembra concordare, affermando che:
Sesto San Giovanni è stata la città delle fabbriche. Fabbriche di tecnologia, di modernità ma anche di crescita democratica e sociale. Ne porta i segni nell’urbanistica dei luoghi ma anche nella sua cultura e nella dignità dei suoi cittadini. Il progetto di trasformazione in corso non lo può ignorare.
Mi piacerebbe restasse fabbrica: una fabbrica di idee. Vedo dei centri di ricerca, vedo delle università, vedo dei giovani al lavoro e un vivaio di imprese, in un contesto di nuovi mestieri.
Certo ci saranno negozi, ci saranno residenze, uffici, luoghi di scambio e di cultura e un grande parco, secondo l’unico modello di città che ci appartiene, quello della città che mescola mille attività rendendole viva. Ma la vera anima deve essere quella della fabbrica. Da città di fabbriche a fabbrica di idee.
Quanto al progetto, non può essere che un sistema aperto: cadono i muri della Falck e improvvisamente la comunità intera si appropria di un grande parco. Le strade si connettono, il verde invade il nuovo e il vecchio e si costruiscono ponti tra la città esistente e l’area industriale, al di sopra e al di sotto del fiume di binari della ferrovia. Il parco, grande, anche più grande di quel che potesse immaginare, è tutto un mondo nel quale riaffiorano di tanto in tanto dei frammenti della fabbrica, memoria viva e nobile di un fortissimo passato. Ma il verde non è solo quello del parco, è anche quello che invade le strade, i viali e che tiene tutto insieme. Naturalmente, il tema dell’energia e della sostenibilità, dei consumi e dei trasporti pubblici, è e deve essere di grande rilevanza, da degni eroi di quella modernità che appartiene alla storia di Sesto San Giovanni. Parliamo ora di architettura: mi piace l’idea di costruire degli edifici alti per abitarci, per lavorarci, per studiarci; ma non delle torri, che sono spesso simbolo di arroganza e di potere, bensì delle Case Alte ce non tocchino il terreno se non con le loro strutture.
Così come tutti gli altri volumi, che si raccordano a terra con generosi porticati e spazi aperti: non una città fortezza, bensì una città che dialoga.
Questo anche perché la massa di verde vi passi accanto e crei un effetto di leggerezza e trasparenza, che mi piacerebbe eleggere a cifra poetica dell’intero progetto.
Le Case Alte non toccano terra, sul loro tetto ci sono dei giardini e non degli impianti tecnici, e la loro pelle vibrante e colorata porta un sorprendente messaggio di vita. Siamo solo all’inizio ma è l’inizio di una bella avventura.