Chiesa
Realizzata dalla parte opposta di Piazza Cleopatra Bagnarelli, in fianco alla chiesa e proprio di fronte all’ingresso dello stabilimento, costruita su modello della chiesa di Santa Maria in Piazza di Busto Arsizio, la chiesa del villaggio rappresenta l’ideale collegamento tra la città natale della famiglia Crespi e la città che compiutamente ne rappresentava l’ascesa ai vertici dell’imprenditoria industriale italiana. L’edificio progettato da Bramante è copiato a Crespi d’Adda con rigida osservanza di dimensioni e decorazioni, tanto da farla chiamare da alcuni sedicenti esperti una replica dell’originale.
La rivista “L’Edilizia Moderna” dell’ottobre del 1894 riporta che “la riproduzione dell’edificio sacro di Busto Arsizio a Crespi d’Adda venne eseguita scrupolosamente tanto rispetto alla dimensione d’insieme che rispetto ai più minuti particolari architettonici e decorativi. La sola variante introdotta sta nell’avere tenuto il piano del pavimento rialzato di circa settanta centimetri sul piano della circostante piazza, con l’aggiunta di uno zoccolo in ceppo del paese e di una scalinata in marmo di Verona in corrispondenza della porta della chiesa. Il materiale impiegato per le parti architettoniche delle cornici del loggiato ottagonale che recinge la cupola è il marmo chiamato cengia di Verona, alternato al rosso pure di Verona per le colonnine del loggiato e per la porta principale: nella chiesa di Busto Arsizio venne invece impiegata la pietra di Breno”.
Un articolo pubblicato il 7 maggio 1893 dal quotidiano locale L’Eco di Bergamo riportava che l’idea ispiratrice della realizzazione a Crespi d’Adda di una copia, tale e quale, del tempio di Santa Maria di Piazza, fu di Pia Travelli, la signora Crespi.
Costruita tra il 1891 e il 1893, ha una pianta quadrata con un basamento in ceppo dell’Adda e culmina in un’ampia cupola ottagonale, circondata, nella parte esterna, da un loggiato ingentilito da colonnine in marmo.
All’interno, le piccole dimensioni dell’edificio lo rendono raccolto e suggestivo. Le ricche decorazioni delle pareti interne ricalcano in modo pressoché fedele quelle della chiesa bustocca, e raggiungono l’apice nella cupola, nella rappresentazione di un cielo stellato in una notte serena.
Le stelle dorate, realizzate in stucco rilevato in ciascuno degli otto spicchi in cui è divisa la cupola, sono sempre trentatré, uno dei numeri a significato simbolico teologico della cultura medioevale e rinascimentale. Nella parte inferiore delle otto vele della cupola si aprono altrettanti loculi che danno sulla soggetta esterna e sono fiancheggiati da sibille alternate a profeti.
Le figure a due a due sono in piedi, di grandezza superiore al naturale; intorno alle teste ondeggiano cartigli volanti con l’indicazione del rispettivo personaggio.
Si noteranno l’austera nobiltà dei volti, i paludamenti ampi, a poche pieghe ferme e spiccate, i colori caldi, i toni robusti e dotati di profonde ombreggiature, gli ori frequenti, come del resto in tutta la decorazione interna del tempio.
La cupola si appoggia sull’ottagono ad archi mediante una larga fascia con cornicione in cotto, tagliata da lesene che uniscono i pilastri ai costoloni, delimitando sopra ogni arco un rettangolo nel quale si aprono quattro nicchie, in tutto trentadue.
Sotto di esse la decorazione si riversa sui pilastri, gira sugli archi e sotto gli archivolti con dovizia di ori e colore, con putti alati e ricciuti che tengono in mano strumenti musicali e simboli della Passione. Grotteschi e arabeschi, festoni, gabbie, nastri, rosari, mascherine e perfino piccole tartarughe appese per la coda allietano questi spazi.
Nei triangoli tra gli archi e i pilastri sono dipinte, oltre ai profeti, teste di sibille e di donne celebri dell’antico testamento, in una commovente testimonianza di fede non solo nella continuità tra cultura classica e cultura cristiana, nella paragonabilità tra protagonismo storico maschile e protagonismo storico femminile, giustificato quest’ultimo non esclusivamente dal fatto di essere celebrato all’interno di un santuario mariano.
La decorazione pittorica venne conclusa da Luigi Cavenaghi nel 1895. Del 1921 sono gli angeli in adorazione dipinti dal milanese Carlo Prada ai quattro angoli e i tre affreschi di Ferdinando Monzio Compagnoni intorno all’altare.
Approfondimenti disponibili:
- “Statistica eucaristica al villaggio di Crespi d’Adda” – Eco di Bergamo