La campagna esclusa
Articolo tratto da Encoclopedia Pratica per Fotografare, 1978
Roberto Schezen è nato a Milano nel 1950. Ha cominciato a fotografare nel 1972 ed ha pubblicato con Toni Nicolini “Chiese e Cattedrali”, Milano 1978.
Sue fotografie si conservano presso il Centro Studi e Archivio della Comunicazione dell’Università di Parma.
La fabbrica
Dice Schezen: “L’intento era di studiare un paese che avesse le caratteristiche legate ai modi di produzione, vedere quindi l’influenza che i modi di produzione hanno sulla gente.
In pratica si capisce come influisce il modo di produrre della fabbriche in una zona che era di cultura contadina e si leggono nelle persone queste contraddizioni.
Riprendo con Nikon e uso le ottiche con preferenza, per gli esterni, del grandangolo abbastanza spinto, per i ritratti dell’85 mm”.
Leggiamo, in una relazione pubblicata a cura della Biblioteca Comunale di Crespi d’Adda nel 1978, che lo stabilimento per la filatura del cotone “fu inaugurato il 25 luglio 1878 con i primi 5.000 fusi di filatura, occupando un’area di 7.650 metri quadrati”; la storia della fabbrica è ricostruita analiticamente nelle sue vicissitudini e trasformazioni legando strettamente tecnologie e strutture e, soprattutto, legando l0insediamento operaio, e la casa padronale, alla fabbrica stessa.
L’analisi che Schezen presenta appare corretta. Lettura del rapporto tra fabbrica e paesaggio, analisi della fabbrica nel suo aspetto esterno, il più conservato ovviamente, analisi delle strutture interne della fabbrica nel suo impiego attuale.
La lettura dell’insediamento industriale pianificato viene condotta qui di seguito; si tratta di un elemento di rottura, come la fabbrica del resto, nel sistema del paesaggio bergamasco.
La questione dell’archeologia industriale viene posta da Schezen indirettamente nel contesto della ricerca; il problema della conservazione del sistema fabbrica-case operaie e casa padronale è quello del mantenimento dei contenitori; gli interni invece, almeno per la fabbrica, sono stati più volte manomessi con sostituzione dei vecchi macchinari; il caso, tipico, mostra la difficoltà, per non dire l’impossiblità di un’archeologia industriale che non sia semplicemente raccolta di superstiti frammenti (da museo delle tecniche); il problema reale invece è quello dei modelli di esistenza.
A livello di civiltà dell’immagine il riferimento più prossimo a queste fotografie mi sembra essere Walker Evans e la tradizione della ripresa ce da lui deriva fino a Paul Strand, con la nettezza della foto in bolla, le linee rette, le prospettive taglienti, insomma con un impatto ottico inconfondibile.
Il paese
Il paese legato alla fabbrica, la fabbrica che con le sue ciminiere domina il paese. Il paese, come in numerosi insediamenti programmati, per esempio quelli che datano dai tempi della diffusione industriale tra Lombardia e Piemonte, viene pensato per singoli blocchi abitativi, case bifamiliari o, in alcuni casi, multifamiliari, secondo un modello per quei tempi avanzato: si pensi alla situazione tanto diversa in Inghilterra.
L’organizzazione generale, attorno al 1870, dell’insieme prevede una strada, che rimarrà nei decenni seguenti e che è l’asse fondamentale della crescita del sistema, e degli appezzamenti di terreno entro i quali sorgono abitazioni di dimensioni uguali e a uguale distanza l’una dall’altra.
La ripetizione del modello, come del resto la ripetizione dei gesti, costruiscono la coscienza collettiva del lavoro.
La chiesa e le scuole, infine, forniscono i servizi necessari ai 3.600 lavoratori della fabbrica.
La gente
La cultura di immagine di Schezen è raffinata, piuttosto che europea appare essere statunitense, non solo nelle riprese architettoniche, ma anche in questi ritratti.
Schezen tende a documentare il rapporto tra le strutture operaie antiche e l’uso moderno, da parte di una popolazione sostanzialmente tornata contadina, del sistema di insediamento; analizza l’uso che delle architetture compie la gente, analizza i volti delle persone, analizza gli interni.
Le immagini dei volti, taglienti come in certi momenti della ricerca di Dorothea Lange ma anche di qualche indagine di Strand, non sono mai cariche di una attenzione retro al phatos adesso operaio, un tempo contadino, semmai vogliono documentare la cultura, in termini antropologici, delle persone.
Esemplari quindi i diversi generi di ritratto, dai primissimi piani incisi dalla monaca e di altri personaggi, alla coppia di cacciatori fino alle tre fotografie della medesima persona, un anziano visto mentre sale le scale di casa, in casa e all’esterno col berretto; oppure la sequenza della donna vista nell’interno della sua camera da letto, con i particolari significanti proprio del modello di cultura, la sveglia, il crocifisso, la Madonnina appesa.