Lavatoio
A dividere la bene augurante via progresso dalla piazza della chiesa, sorge un grazioso ma abbandonato lavatoio dove il passato non ha un’aria tanto storica quanto solo malconcia.
A testimonianza della modernità della cittadina, il lavatoio venne edificato per consentire a tutte le massaie di lavare i propri panni senza dover raggiungere ogni volta il fiume con pesanti ceste colme di lenzuola e panni. La comodità di avere un lavatoio costruito nella vicinanza delle abitazioni e, nelle cui vasche, veniva fatta confluire l’acqua riscaldata in fabbrica, non può che essere considerato dal visitatore come un segno di attenzione da parte della fabbrica nei confronti della popolazione operaia.
La copertura consentiva inoltre di lavare i panni non solo nelle giornate di sole.
Scriveva lo stesso Silvio Benigno Crespi che “il lavatoio pubblico risparmia alle donne di fare lunga strada col peso della biancheria sul dorso o sulle braccia per recarsi al fiume, e correre il rischio di lavare nelle sue acque impetuose. Esso è diviso in due parti, di cui l’una serve a lavare e l’altra a risciacquare ed, in quest’ultima entrano circa cento litri di acqua al minuto, che passa poi nella prima sopra apposito sfioratolo, e si scarica immediatamente in un tombino”.
La piccola struttura è costruita interamente in mattoni rossi a vista, con finte lesene sui pilastri, archi e gradevoli decorazioni geometriche che lo rendono perfettamente inserito nel gusto estetico del resto del villaggio.
Il lavatoio sorse per iniziativa del Comune che impose la sua costruzione alla famiglia Crespi in cambio della concessione del permesso a realizzare la passerella che ancora oggi congiunge Crespi d’Adda a Concesa superando sia il canale di derivazione delle acque sia il fiume Adda.
In un mondo in cui i servizi igienici erano ancora collettivi e in uno stato primitivo, la maggiore minaccia endemica alla salute era rappresentata dalle infezioni gastro-intestinali, che venivano trasmesse attraverso mani non lavate che erano venute in contatto con escrementi umani. La mancanza di indumenti intimi facilmente lavabili favorivano le irritazioni della pelle e le escoriazioni e in tal modo si facilitava la trasmissione di agenti patogeni dal corpo alle mani, al cibo e all’apparato digerente.
L’attuale stato di incuria in cui versa questo piccolo gioiello architettonico, simbolo nolente della cittadina, rappresenta una emblematica sintesi della decadenza, non solo edilizia, di questo sito.