La caduta della famiglia Crespi
1914
Il 4 giugno, la galleria Georges Petit di Parigi batte all’asta le 96 opere che fin dal 1885 Cristoforo Benigno Crespi colleziona nella pinacoteca di via Borgonovo, al prima piano del civico milanese 18.
Il primogenito Silvio convince il padre alla vendita per riscattare l’azienda da difficoltà finanziarie ormai incombenti: l’irrobustirsi della Lira, che scoraggia gli acquisti dall’estero, e la crisi del 1929 daranno poi il colpo di grazia a un’economia familiare già compromessa.
In listino si citano Rubens, Tiziano, Lotto, Brueghel. Ma la vendita non fu felice, se ricavò solo un milione dei cinque sperati per rinsaldare i conti dei Crespi.
Ottantunenne vedovo, Cristoforo Benigno vende persino i mobili della sua stanza da letto milanese.
Lui che aveva affidato ad Angelo Colla il profilo elegante della casa milanese e della filatura lungo l’Adda; lui che aveva commissionato a Luigi Cavenaghi di affrescare gli interni del palazzo in città e quelli della chiesa al villaggio. Lui che aveva praticato l’arte imprenditoriale senza scordarsi l’impresa artistica.